La Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio per 7 persone, tutti imprenditori, coinvolti nei due incidenti sul lavoro avvenuti sei anni fa all’interno del cantiere dell’inceneritore del Gerbino a Torino e nel quale perse la vita Antonio Carpini 42enne andriese. 28 giorni più tardi la morte di Carpini perse la vita nel secondo incidente Cosimo Di Muro, 47enne originario di Canosa di Puglia.

Carpini, il 3 marzo del 2012, è caduto da un’altezza di 27 metri a causa di un difetto di coordinamento tra lui e il collega che manovrava la gru per posizionare una mensola rampante sulla testata del muro nord della fossa rifiuti. Cosimo Di Muro, il 31 marzo del 2012, è morto dopo un volo di 40 metri perché la mensola rampante sulla quale stava lavorando era stata agganciata alla parete in maniera difettosa.

A distanza di poco più di sei anni da quelle due tragedie sul lavoro, il sostituto procuratore Laura Longo ha chiesto il rinvio a giudizio per sette imprenditori che si occupavano della realizzazione del termovalorizzatore.

Non dovranno però rispondere solo di omicidio colposo. Sono infatti accusati anche di lesioni personali colpose. Durante il secondo incidente, quello del 31 marzo, rimasero feriti altri due operai: il fratello di Di Muro, Antonio, e il romeno Mihai Lupu, anche lui viveva in Puglia. E tre mesi più tardi, il 28 giugno, è un operaio di origini polacche, Tadeusz Jankowsky, a restare ferito per una caduta causata dal cedimento di un altro ponteggio.

La richiesta di rinvio a giudizio riguarda i responsabili dell’impresa affidataria dei lavori e della società capogruppo delle imprese esecutive, i coordinatori della fase di sicurezza, di progettazione e di esecuzione dei lavori, il dirigente responsabile del cantiere, il datore di lavoro dell’impresa subappaltatrice.

Nessun indagato, invece, tra i dirigenti di Trm (primo affidatario dei lavori) e neppure tra i responsabili della ditta che fornì le mensole rampanti: sarebbero infatti risultate perfette al termine di una consulenza tecnica che il Pm ha affidato al Politecnico di Torino. Il problema, infatti, fu il modo in cui quei ponteggi vennero utilizzati nel cantiere dell’inceneritore.