Dal 2016 al 2017 il numero degli occupati in Italia è passato da 22.757.838 a 23.022.959, con un aumento del +1,2% (ovvero 265.121 unità) che non appare però distribuito in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Lo rivela una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro, realizzata su elaborazione di dati Istat. La ricerca ha preso in considerazione un totale di 99 province italiane.

Nel Mezzogiorno abbondano le province con un saldo occupazionale negativo rispetto agli anni pre-crisi, in riferimento cioè al numero degli occupati registrati sino al 2007. Particolarmente significativi i dati della provincia Barletta-Andria-Trani, calcolati insieme a quelli di Bari e Foggia. Infatti, dal 2016 al 2017, nel nord barese l’occupazione è salita di circa 10 mila unità, un numero certamente positivo, ma ancora lontano dal periodo pre-crisi; all’appello, di fatto, rispetto al quel periodo l’occupazione nella Bat è sotto con il -38.607 unità, classificandosi così al terzultimo posto nazionale tra le province. Di fatto Barletta-Andria-Trani è la provincia più lenta a rialzarsi dopo la crisi. I piccoli segni di ripresa ci sono, ma la strada da percorrere è ancora lunga.

«L’incremento in Italia di 265mila lavoratori registrato alla fine dell’anno scorso rispetto al 2016 è un buon risultato che ci riporta ai valori pre-crisi – osserva Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro -. La crescita dell’occupazione in Italia tuttavia è poca cosa se paragonata a quella tedesca (+2milioni e 200mila unità), britannica (+1 milione e 600mila unità) e persino ungherese (+500mila). Per raggiungere i risultati di questi e altri Paesi – aggiunge – occorre semplificare il nostro mercato del lavoro e incrementare le politiche attive per far crescere l’occupazione, puntando in particolar modo alla formazione permanente dei lavoratori».