Un grande giorno per la scienza e per l’umanità. Così il gigante farmaceutico americano Pfizer e l’azienda tedesca BioNTech hanno annunciato la validità al 90% del loro candidato vaccino anti Covid. L’eco della notizia ha fatto presto il giro del mondo e l’idea di poter uscire dall’incubo in tempi brevi si è fatta più forte nelle speranza di molti. Sono dati positivi e per certi versi inaspettati, soprattutto in relazione alle tempistiche. Ma quel 90% annunciato da Pfizer ha ancora un altro pezzo di strada da dover percorrere, fatto di ulteriore sperimentazione, altri dati da fornire e non ultimo, un’autorizzazione finale da dover ricevere. Dall’ottimo risultato raggiunto in piena fase 3, proviamo a capire quali passi mancherebbero alla formula Pfizer per tagliare il traguardo della diffusione.

Avanzamento della fase 3

Per mesi abbiamo sentito parlare di fasi di sperimentazione. L’iter cioè pratico che un candidato vaccino è obbligato a seguire per arrivare al cospetto dell’ente regolatore. Un percorso, come spesso ribadito da scienziati e ricercatori, che in condizioni normali richiederebbe dai 6 agli 8 anni e che la corsa alla formula anti Covid sta notevolmente riducendo, con tutti i rischi del caso. Il candidato vaccino Pfizer si trova ora nella fase 3 del percorso di ricerca, essendo riuscita dunque a superare i primi due step: quelli cioè riguardanti un numero più esiguo di volontari, più o meno alcune centinaia di persone. A essere testati ora sono migliaia di soggetti, circa 44 mila, in una fase che per Pfizer non è ancora terminata e che non arriverà alla fine prima del mese di dicembre.

Un elemento da non sottovalutare, considerata la continua raccolta di dati a cui il team di ricercatori è obbligata. Secondo la legge di sperimentazione, difatti, il tempo di raccolta necessario per i dati sulla sicurezza in fase 3 non deve essere inferiore ai due mesi. Per ora i volontari sono stati divisi in due gruppi a cui è stato somministrato un vaccino in due fasi separate nell’arco di tempo di due settimane. Il primo gruppo ha ricevuto il vaccino vero e proprio, per il secondo è stato utilizzato un vaccino contro la meningite che ha funzionato da placebo.

Termine della fase 3 e pubblicazione dei dati su rivista scientifica

L’ultima fase di sperimentazione sarà ufficialmente superata quando sulle 44 mila persone testate 164 avranno sviluppato gli anticorpi alla Covid-19 e i dati di sicurezza non evidenzieranno alcun caso avverso. A differenza dello step 1 e 2 che invece avevano fornito elementi sulla produzione di anticorpi, il terzo passaggio dovrà dunque esprimersi sull’efficacia vera e propria del vaccino. La strada potrà durare ancora alcuni mesi. In tutto al momento, in entrambi i gruppi della sperimentazione, i contagiati sono stati 94.

I dati che si attendono sono relativi ora a diversi aspetti: il raggiungimento del numero atteso di volontari con anticorpi, il numero di persone infette che appartengono al gruppo del vaccino vero e proprio e quello invece del gruppo placebo, quanto bene la formula protegge chi è stato già infettato e non quindi non ultimi, gli effetti collaterali. Dati al momento sconosciuti nel dettaglio, che dovranno essere diffusi e pubblicati come da prassi su una rivista scientifica.

FDA e richiesta di approvazione

La Food and Drug Administration è l’ente governativo statunitense che avrà l’ultima parola sulla messa in commercio negli Usa del candidato vaccino. All’inizio delle numerosi sperimentazioni partite in tutto il mondo, l’ente americano insieme all’Organizzazione mondiale della Sanità si erano dichiarate disposte ad approvare solo vaccini efficaci almeno al 50%. Se i dati in sospeso confermeranno quanto annunciato da Pfizer, l’azienda ha anticipato di voler chiedere un’autorizzazione d’emergenza alla stessa Fda. Se accettata, l’iter che in alternativa avrebbe necessitato di altri mesi, potrebbe portare alla messa in commercio della formula negli Usa già alla fine di novembre.

Per l’Europa valutazione dell’Ema

L’Agenzia europea del farmaco è l’organo preposto per valutare i dati di sicurezza che verranno forniti da Pfizer al termine della fase 3. Per poter attuare qualsiasi piano di distribuzione anche in Europa si dovrà aspettare il via libera dell’ente regolatore. Il lavoro di controllo dell’Ema è cominciato nel mese di ottobre e sta procedendo con termini di tempo non ancora resi noti. L’aspettativa è quella di chiudere l’analisi dei dati nel più breve tempo disponibile ma di fatto non è stato diffuso alcun riferimento al possibile periodo di approvazione.

Produzione

Nei termini normali di un candidato vaccino la produzione dovrebbe avere il via in una fase successiva all’approvazione dell’ente regolatore. Nel caso della formula di Pfizer l’iter produttivo sarebbe già cominciato. I tempi stabiliti sono i seguenti: 50 milioni di dosi entro il 2020, 1,3 miliardi entro il 2021

Diffusione

È il termine ultimo nel raggiungimento dell’obiettivo tanto atteso. Le dosi che Pfizer ha annunciato di poter fornire entro fine dicembre e fine 2021, dovranno essere poi diffuse con tutte le difficoltà di valutazione del caso. Saranno infatti i singoli Paesi a decidere chi potrà vaccinarsi per primo, con tempistiche che inevitabilmente si allungheranno per il resto della popolazione. Altro ostacolo sul tempo potrebbe essere la modalità di conservazione. Il vaccino di Pfizer ha bisogno di una temperatura di – 80°C per poter mantenere la sua efficacia. Ci sarà bisogno quindi di celle frigorifere di altissima potenza e che attualmente rientrano, primo fra tutti in Italia, soltanto nella disponibilità delle strutture ospedaliere più grandi.

La corsa alla vaccinazione, e non più al vaccino, a quel punto dovrà tenere conto anche delle strumentazioni necessarie. Tra gli studi ancora in erba anche la possibilità di rendere la nuova formula resistente alle temperature di un normale frigorifero, e cioè a circa 4°C. In quel caso l’efficacia sarebbe garantita per circa cinque giorni. Un ulteriore passo, al momento, da dover ancora fare.