Raccontare, testimoniare non è mai facile, soprattutto se ciò dev’esser fatto in territori a rischio, come quello ucraino oggetto da giorni dell’attacco militare da parte della Russia del presidente Vladimir Putin. Volto noto del Tg2, il giornalista canosino Leonardo Zellino sta vivendo in prima persona, per conto della principale rete televisiva italiana, la guerra fra Ucraina e Russia.
Lasciando da parte quelle che sono le vicissitudini storiche, politiche ed economiche, il 43enne ex inviato del Tg3, nella giornata di sabato 26 febbraio è stato fermato dai militari ucraini lungo la strada che porta a Cortkiv, nella parte occidentale del paese. «Mi trovo in un albergo di Novohrad-Volyns’kyj, a 200 km a Ovest da Kiev. Siamo nel seminterrato della struttura – spiega Zellino – poichè abbiamo sentito sirene antiaeree in lontananza e tutti gli ospiti, in maggioranza ucraini tranne me e l’operatore Maurizio Calaiò, sono stati fatti scendere nei sotterranei per evitare problemi in caso di attacco. La situazione è molto complicata, soprattutto attorno alla capitale dove ci sono scontri continui. Il nostro viaggio era partito da Bucarest, con arrivo da Roma in aereo per poi impiegare una intera notte per raggiungere il confine di Vama Siret, al confine fra Romania e Ucraina. Da qui abbiamo avuto questo “vento in faccia di rabbia e disperazione”- continua il giornalista canosino – un fiume di gente con circa 15 km di coda fra tir e auto che andava in direzione opposta alla nostra all’unico scopo di fuggire dalla guerra. Superata la frontiera abbiamo dormito a Černivci, a casa del nostro autista perchè anche lì gli alberghi erano pieni di profughi in attesa di varcare il confine. L’obiettivo, all’indomani mattina, era quello di raggiungere Kiev nell’arco di 7/8 ore ma noi lì non ci siamo mai arrivati. Anzi, siamo stati bloccati da un gruppo di militari ucraini intorno alle ore 08.30 proprio di sabato scorso: tre erano armati di kalashnikov, ci hanno costretto a stare con le mani sul cofano, ci hanno preso a calci e poi hanno controllato cellulari, video, documenti che ci sono stati sottratti per circa un’ora. Cercavano contatti telefonici, temevano fossimo spie russe dato che il giorno precedente alcuni militari russi si erano spacciati per ucraini riuscendo ad entrare a Kiev indossando le mimetiche proprio di quest’ultimi rimasti quindi uccisi nel conflitto armato. Del resto, questa storia di spacciarsi per qualcun altro è quello che temono maggiormente. Dopo un’ora siamo ripartiti, stavamo per arrivare nella capitale ma un ultimo intoppo ci ha costretto a virare in questa località e qui, al momento – conclude Zellino – stiamo aspettando in attesa di poter raggiungere Kiev».