Il Fiume Ofanto potrebbe tornare a essere un simbolo di vita e interconnessione, non più solo un «oggetto da sfruttare» ma un bene comune da preservare e valorizzare. È l’appello lanciato da Antonello Fiore, presidente nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale, durante l’audizione presso l’ottava Commissione del Senato sui disegni di legge 249 e 572 per l’istituzione del Parco naturale nazionale del Fiume Ofanto.

«Un Parco nazionale dedicato al Fiume Ofanto potrebbe ridare dignità a questo grande corridoio ecologico, “manuale” di geomorfologia e di paesaggi», ha dichiarato Fiore durante il suo intervento. Il presidente ha auspicato «un rapido completamento dell’iter normativo per favorire un processo» che cambi radicalmente l’approccio al fiume.

Secondo Fiore, se si riuscisse a rendere il progetto «socialmente ed economicamente desiderabile», si potrebbe intraprendere «un cammino verso la riconciliazione tra il territorio con le sue risorse ambientali e naturali e chi negli anni lo ha indecorosamente sfruttato».

Il presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale ha sottolineato come attualmente molti vedano il fiume «come un’opportunità per guadagni facili e rapidi, dimenticando che ogni azione ha conseguenze». La storia insegna che «sfruttare in modo indiscriminato un bene naturale porta alla degradazione irreversibile: acque inquinate, ecosistemi distrutti, biodiversità compromessa».

Fiore ha proposto un cambio di prospettiva radicale: «Cosa succederebbe se, invece di ignorare i soprusi e l’illegalità, decidessimo di affrontarli e individuare di questi cosa può essere trasformato in opportunità di crescita?». La sua visione prevede «un’iniziativa che coinvolga gli abitanti, gli imprenditori locali e le istituzioni, un progetto che incoraggi pratiche sostenibili e promuova l’educazione ambientale».

Il Parco nazionale, secondo il geologo, rappresenta «la strada giusta che oltre a proteggere il Fiume Ofanto può creare un modello economico che garantisca reddito e benessere in un’ottica di conservazione e ristrutturazione della natura». In questo nuovo scenario, il fiume diventerebbe «non solo una risorsa, ma ritorna al suo ruolo storico di luogo di incontro, di cultura, di sussistenza duratura degli abitanti la sua valle».

Le comunità locali potrebbero rafforzarsi «intorno alla visione di Parco nazionale», creando «nuove opportunità e posti di lavoro» e soprattutto ricostruendo «il legame profondo tra le persone e il loro ambiente, i loro paesaggi». Chi ha sempre pensato solo a sfruttarlo, con i progetti del Parco nazionale «potrebbe trovare motivazioni nuove e più nobili per prendersi cura del suo fiume».

Fiore ha riconosciuto che «affrontare i soprusi e l’illegalità non è un compito facile, ma è necessario». Serve «un impegno a fare sentire la voce di tanti, il coro di chi crede nella tutela dell’ambiente» per garantire «un futuro in cui il fiume non sia visto come una risorsa da saccheggiare, ma come un patrimonio da condividere e custodire».

Il presidente ha concluso sottolineando che «rivedere il rapporto con il fiume può sembrare una sfida ardua, ma il potere della conoscenza, della collaborazione e il potere della coscienza collettiva possono far superare ogni ostacolo». Se si riuscisse a rendere il progetto del Parco nazionale del Fiume Ofanto «socialmente ed economicamente desiderabile, senza girare la testa di fronte ai soprusi e all’illegalità, si potrebbe far riappacificare il fiume con i tanti che lo hanno sfruttato e pensato a degradarlo».