Risulta alquanto complicato, nella maggior parte dei casi, trovare tradizioni che riescano ad accomunare indistintamente un paese e i suoi abitanti. Sì, è vero, le feste patronali potrebbero essere un esempio ma in quanto comuni ad ogni città, non sono poi così tanto da prendere in considerazione. Eppure, a Canosa di Puglia, ogni anno si assiste a qualcosa di veramente unico nel suo genere tanto da attrarre fra le proprie mura cittadine fedeli, giornalisti e fotografi provenienti da tutta la Puglia se non anche da tutta Italia. Ogni anno, una comunità intera, quella canosina, si raccoglie in preghiera e accompagna per i vicoli cittadini il simulacro della “Vergine Desolata”.

Preservata e tramandata nel tempo, la Processione della Desolata nel Sabato Santo di Pasqua appartiene ad una delle tradizioni più commoventi, sentite e partecipate della comunità locale, regionale e ormai si può tranquillamente affermare, di tutto il Sud Italia. Dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia, Canosa tornerà così a celebrare uno dei riti religiosi più sentiti dall’intera cittadinanza. Del resto, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un’emergenza sanitaria nazionale e mondiale del genere avrebbe portato via con sé numerose vite e storie di vita vissuta, giorni in cui si versavano lacrime per chi ci ha lasciato, le stesse lacrime della Vergine Maria che piange suo figlio Gesù ai piedi della croce. La Processione della Desolata racchiude al suo interno un valore non solo religioso e storico, ma anche culturale e fra i più caratteristici della Settimane Santa pugliese poiché, oltre ad essere espressione di fede e devozione religiosa, celebra un sentimento quale quello che intercorre fra una madre e il proprio figlio. A testimoniare l’importanza del momento storico vissuto, le memorie fanno risalire al 1944 l’unica Pasqua senza Desolata, ciò causato dal bombardamento del 6 novembre 1943 che distrusse la Chiesa dei Santi Francesco e Biagio e in parte il simulacro che venne poi rifatto nel 1953 ad opera di alcuni artisti leccesi grazie al benefattore Giuseppe D’Elia. Il simulacro è ispirato alla tela settecentesca del pittore Giuseppe De Musso di Giovinazzo che raffigura l’Addolorata tra San Filippo Neri e San Sabino, patrono di Canosa di Puglia ed è caratterizzato dalla Madonna con addosso l’abito scuro e tra le mani un fazzoletto bianco, una croce e una corona di spine.

È seduta vicino alla croce, quella stessa che le ha portato via il figlio, rinchiuso in un sepolcro; accanto a lei un angelo consolatore vestito di bianco che accompagna il suo cammino. Sul sepolcro, oltre alla croce, a campeggiare è un’iscrizione: “Posuit me desolatam”, da un versetto biblico del libro delle Lamentazioni dell’antica liturgia del Venerdì Santo tuttora conservato. Particolarità dell’imponente gruppo scultoreo è quella relativa alla rappresentazione della Vergine Maria non più ritta verso la croce del figlio ma che si ritrova sola dato che i pochi che erano con lei erano andati via, rinchiusi in casa per paura dei Giudei. Elemento più suggestivo che da sempre contraddistingue questa rito religioso è invece rappresentato dal coro composto da circa 400 donne vestite di nero, dirette ininterrottamente da oltre 50 anni dal Maestro Mimmo Masotina, ora dal figlio Ezio, che intonano lo Stabat Mater di Jacopone da Todi, esprimendo all’unisono il loro dolore e il loro cordoglio. Non conta la loro identità ma la loro partecipazione intensa, tutte accomunate dal dolore universale al quale ogni madre terrena si unisce: dolore e desolazione prendono il sopravvento ma quell’angelo consolatore altro non è che simbolo dell’imminente Resurrezione di Cristo.

A questa storica processione del Sabato Santo canosino partecipano inoltre anche paggetti, ministranti ed angioletti ognuno dei quali con tra le mani un simbolo della Passione di Cristo come la corona di spine, le fruste, i dadi, la tenaglia. Quest’anno però, in virtù delle misure straordinarie adottate volte alla prevenzione e al contenimento del Covid-19, ciò non sarà possibile ed infatti, assieme all’itinerario rivisitato che non vedrà l’attraversamento del centro storico, sarà la vera novità di questa edizione. Descrivere cosa rappresenti per ogni cittadino canosino la Processione della Desolata non è facile, è un condensato di commozione ma anche di ricordi personali che appartengono alla memoria storica di ognuno di essi. Certo, mancherà il poter scorgere lo sguardo dei bambini vestiti da angioletti intenti nel tenere in mano i simboli della Passione di Cristo come anche mancherà “l’abbraccio” della Vergine Desolata al centro storico purtroppo da molti anni abbandonato a sé stesso e che invece ritrovava vitalità nel Sabato Santo con i suoi bellissimi scorci, offrendo ai numerosi fotografi la possibilità di immortalare il gruppo scultoreo nella parte più antica della città. A Canosa si dice:” Non è Pasqua se non mi soffermo a guardare la Processione della Desolata”. Dopo due anni, nella città ofantina, la Pasqua è pronta a ritornare.

Ecco alcune foto, copyright: New Grandangolo.