Giocatore prima, allenatore adesso: stiamo parlando di Tommaso Coletti, canosino doc classe 84′ che durante la propria carriera da giocatore ha vestito le casacce di gloriose società arrivando a disputare anche la Serie B con le maglie di Foggia e Brescia. Un percorso di tutto rispetto per il difensore e all’occorrenza centrocampista: tutto parte dall’Under 19 del Bari per poi accasarsi a Lavello, Martina, Pescara, Andria, Pergocrema, Pergolettese, Teramo, Brescia, Foggia, Matera, Triestina e Cerignola. Tutte avventure intense, ognuna delle quali ha rappresentato per Coletti momento cardine di crescita e sviluppo sia calcistico che umano. Appesi gli scarpini al chiodo al termine della stagione disputata con il Bisceglie in Serie D, con tanto di intermezzo da allenatore in seconda di Carmine Gautieri alla Triestina, per lui si è aperta la carriera da allenatore con il Vastogirardi in Serie D molisana che lo vede, ad oggi, stazionare in ottava posizione e reduce dall’affermazione esterna per 0-3 in casa del Notaresco. Qui di seguito l’intervista integrale.

  1. Tommaso partiamo con ordine: la tua carriera calcistica è da qualche tempo terminata e il tuo percorso ti ha visto aprire una nuova parentesi, quella da allenatore. Quanto ti manca il calcio giocato?

«Beh sicuramente il calcio giocato un po’ manca, ma dopo aver assaporato la sensazione che si prova nell’allenare una squadra, questo passaggio sta risultando dolce».

2. Di certo, durante le stagioni disputate da giocatore, hai calcato palcoscenici importanti fino ad arrivare alle parentesi con Brescia e Foggia. Dove hai lasciato maggiormente il cuore? 

«Ho avuto la fortuna di giocare in piazze davvero importanti: ho lasciato un pezzo di cuore ovunque, in particolare a Foggia e Pescara».

3. Sei un canosino fiero delle proprie origini come anche colui che rispetto ad altri è riuscito ad arrivare più in alto. Quanto ti inorgoglisce ciò?

«Sono molto orgoglioso di essere canosino come anche di essere la persona che sono. Non ho mai mollato, nulla mi è stato regalato, mi sono conquistato ogni piccola vittoria e ogni piccola sconfitta. Per il resto tendo a non guardare gli altri in senso negativo, ma sempre in positivo, e quando qualcuno riesce ad emergere sono felicissimo e cerco di supportarlo».

4. Questa stagione ha rappresentato per te la prima in D sulla panchina del Vastogirardi. Come procede questa avventura?

«Questa stagione sta procedendo in maniera stupenda, soprattutto per il lavoro svolto sul campo con il mio staff e in termini di rapporto sviluppato con i ragazzi. Cerco di trasmettere la mia esperienza indirizzandoli ad un miglioramento costante come calciatori, uomini e quando ci riesco, tutto questo mi rende orgoglioso. A gennaio uno dei miei ragazzi è stato acquista dal Latina: nelle stagioni precedenti aveva collezionato pochissime presenze in un ruolo che secondo me non era il suo. Vederlo ora tra i professionisti mi rende fiero ed orgoglioso. Si è conquistato tutto da solo: a me piace pensare di aver creduto in lui dal primo giorno, quindi magari di averlo aiutato ad emergere».

5. 26 punti, sei vittorie, nove pareggi, quattro sconfitte ma soprattutto la quarta miglior difesa del raggruppamento. Per tipologia di gioco a chi ti ispiri e quale il modulo di gioco che prediligi maggiormente?

«La società ci ha chiesto la salvezza ad inizio anno; il ruolino di marcia è in linea con le aspettative ma per gioco espresso e azioni create ci mancano tantissimi punti. Guardo molto al modo in cui si gioca, al modo in cui arriva una vittoria o una sconfitta. Elemento per me fondamentale è dominare la partita, avere predominio del campo, creare tante palle goal, poi si può anche perdere ma preferisco essere sconfitto così piuttosto che adottare un metodo di gioco difensivista buttando la palla in avanti senza seguire una logica. Dopo aver avuto come allenatore Roberto De Zerbi, mi si è aperto un mondo. Questa idea di calcio è stupenda, non perché è bella da vedere, semplicemente perché ti permette di tirare più in porta dell’avversario, di avere sempre la sfera fra i piedi, di conseguenza di correre meno e divertirsi molto di più. Il modulo è un dettaglio, i principi sono la cosa fondamentale. La base è il 4-2-3-1».

6. Da giocare sei arrivato fino alla B, da allenatore ti poni come obiettivo quello di ambire anche alla Serie A?

«Da giocatore ho avuto la fortuna di arrivare fin lì. Da allenatore spero di arrivare oltre e quindi in cima. Il desiderio e la fame non mancano, abbinando a questi abnegazione e soprattutto uno studio continuo, spero un giorno di poterci riuscire».

7. Ultima domanda: ognuno di noi, in fin dei conti, è un sognatore. Quale il tuo nel cassetto? 

«Il mio sogno nel cassetto è continuare a vivere una vita felice, così come ho sempre fatto. Certo, i momenti difficili ci sono ma sono sempre riuscito ad essere me stesso, tutto questo facendo quello che amo. Ho dedicato tanto della mia vita al calcio e voglio continuare così, cercando di migliorare tutti i giocatori che ho e che avrò in futuro. Le vere vittorie sono queste: aiutare gli altri a crescere, possibilmente vincendo anche qualche partita».