Riceviamo e pubblichiamo una nota a firma del capogruppo di Fratelli d’Italia Francesco Ventola:

«Due giorni fa un tornado – di quelli che siamo soliti vedere nei video che giungono all’America – ha colpito Minervino Murge, quasi in un silenzio surreale. Ho la convinzione che se avesse colpito altre località pugliesi avrebbe sicuramente avuto più enfasi, anche sulla stampa e sui media… ma questo è un altro discorso.

Oggi abbiamo una comunità, fatta soprattutto di agricoltori, in ginocchio, che hanno perso non un raccolto, ma l’uliveto, perché il tornado ha sollevato e scaraventato anche di 200 metri gli alberi. Si tratta di 20 ettari totalmente devastati (come dimostrano le foto allegate) dove ulivi e mandorli non ci sono più e si deve aver la voglia di ricominciare da zero.

Ma il maltempo non ha solo avuto l’apice con l’evento atmosferico eccezionale di Minervino Murge, le copiose piogge (sarebbe meglio dire bombe d’acqua) hanno creato un ambiente dove i patogeni proliferano e distruggono i raccolti, in modo particolare i vitigni. Insomma dopo il rischio della xylella (ormai alle porte di Bari) nella BAT, da Canosa a Barletta, la peronospora sta distruggendo i grappoli di uva ancora acerbi (anche in questo caso le foto valgono più di mille parole). Si calcola che almeno l’80% della coltivazione di uva da tavola e da vino andrà al macero, senza l’ombrello del Fondo ‘Vendemmia verde’, che in questo caso avrebbe risarcito gli agricoltori per il prodotto al macero.

I sindaci di Minervino Maria Laura Mancini, di Canosa Vito Malcangio e di Barletta Mino Cannito hanno scritto alla Regione Puglia e all’assessorato all’Agricoltura Donato Pentassuglia perché venga immediatamente dichiarato lo stato di calamità. All’appello mi associo anch’io, chiedendo al collega e assessore Pentassuglia, un supplemento di attenzione per la BAT, a cominciare da Minervino Murge, perché è fra le province pugliesi che fa dell’agricoltura una fonte primaria di sussistenza, in questa provincia ci sono famiglie che vivono solo di agricoltura e che oggi non hanno neppure più la forza di gridare perché non hanno neppure più la voce».